Ho vissuto per 25 anni in quello che per me è il cuore di Roma:
Trastevere.
Qualcuno potrebbe obiettare che il cuore di Roma è altrove.
Dipende dai punti di vista, ovvio: ognuno ha il proprio o, meglio, ognuno ha vissuto la sua Roma.
C'è la Roma delle borgate (grazie Pasolini per averla immortalata con delle immagine uniche), c'è la Roma storica, c'è la Roma povera, la Roma ricca, la Roma per bene, la Roma della Dolce Vita, la Roma dei Palazzi e dei palazzinari, la Roma dei monumenti, la Roma della campane, la Roma delle fontane...potremmo far diventare questo elenco infinito...perché Roma è infinita, come la sua storia.
Sta di fatto, però, che la Roma che ho vissuto nella mia infanzia ora non esiste più. E' letteralmente sparita!
Invasa da automobili, negozi, centri commerciali, ristoranti che ne snaturano l'origine e ne ingoiano quei pochi avanzi...
Certo, molte bellezze ancora sono lì, intatte nella loro rovina, ma sempre più annerite da decenni di smog. Quello che invece non c'è più è un'altra bellezza, quella che non sempre si vede, ma che si sente e si percepisce attraverso i volti della gente e, soprattutto, i profumi della strada, dei vicoli.
Una volta, passeggiando per le stradine del centro, venivi inebriato dagli aromi delle pasticcerie o dall'effluvio dei forni, e immancabilmente ti lasciavi guidare dal naso, seguendo quell'invisibile scia che ti portava dentro quelle porticine, timidamente nascoste, quasi si vergognassero di esisitere e di offrirti delizie a dir poco prelibate.
Nessuna insegna, nessuna pubblicità, nessun volantino destinato immancabilmente a insozzare i marciapiedi limitrofi. Il negozio era lì, ambito premio di una ricerca guidata dall'olfatto, o solida testimonianza di un affezione consolidata negli anni.
Ora non è più così.
Ecco. E' questa la Roma che a me manca.
E per ritrovare questa atmosfera devi andare in quei posti dove la tradizione è ancora radicata, viva, nonostante le invadenti minacce dei locali adiacenti.
Così domenica mattina mi sono incamminato con la voglia di rivedere l'Antico Ghetto di Roma, una dei ghetti più antichi ancora esistenti.
Qui potete trovare, forse, l'ultimo scampolo disponibile di quella Roma che non c'è più.
Forse...
Erano almeno 3 anni che non ci passeggiavo, ma 3 anni sono stati sufficienti per far scomparire le ultime bottegucce di casalinghi, quegli antri bui e disordinati, dove l'odore dei detersivi ti entrava fin dentro le ossa (ricordate la sensazione?); è scomparso anche il più antico (1820) negozio/magazzino di oggetti di cucina, dove potevi trovare offerte vantaggiosissime di tutti i tipi e per tutte le tasche.
Edit del 21.3.12
Inserisco qui una rettifica: come giustamente mi ha fatto notare il titolare del negozio in un commento di oggi, la loro attività è ancora in quella sede! Evidentemente quel giorno ero troppo preso dal rivivere altre emozioni e mi è sfuggita l'insegna esterna, visto che era domenica ed il negozio era chiuso..
Mi scuso per l'equivoco.
Al loro posto sono spuntati altri ristoranti, contornati da camerieri che dal centro della strada e menù alla mano ti invitano - anche ad orari improbabili - a provare la cucina del locale che rappresentano.....
Mai entrerei in quelle mura....
Stavo quasi per tornarmene sconsolato quando - a mio rischio e pericolo - ho voluto tentare la sorte....e vedere se ancora fosse lì, all'angolo, il mitico forno Boccione... ormai sarebbero bastati ancora pochi passi per scoprirlo... e poi quel tipico gruppetto di donne che stazionava lì in fondo sembrava proprio quello di 40 anni fa...e se ci sono loro....quasi sicuramente....
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(Foto gentilmente concessa da nessundove.net che ne detiene i diritti) |
SIIII! Esiste ancora!!!
Inizio prima a guardarlo da fuori, quasi diffidente, come a dire: "qui sotto c'è la fregatura, non puo esser vero". Poi, scrutando i lineamenti sulle facce delle persone lì accanto, ho capito che nulla era cambiato in questi ultimi 40 anni.
Mi avvicino. Guardo subito in alto...bene! Niente insegna! Altra conferma che nulla è cambiato.
Entro (mortificandomi per non aver con me la reflex).
Non c'è tempo per i ricordi. La fila scorre veloce, è la clientela di sempre e sa sempre quello che vuole. Non aspetta. Non riflette. Dall'altra parte del bancone riconoscono subito una faccia nuova e la guardano quasi spazientiti, perché già sanno che farà loro perder del tempo. E' domenica mattina. C'è gran folla. Mi metto da parte, in un cantuccio ad osservare.
Al di là del vetro appannato dai calori, il ritmo è frenetico, ma i movimenti sono quelli di sempre, assimilati e prefezionati da generazioni di donne che si sono abilmente alternate nella conduzione di quello che, forse, è rimasto veramente uno degli ultimi scampoli della Roma dei Forni.
La signora bionda mi rivolge uno sguardo quasi interrogatorio, come a dirmi: "che ci hai da guarda'?", ma credo che i miei occhi le abbiano dato più di una risposta, anche perché subito dopo è arrivata Lei, il pezzo forte:
La Pizza Ebraica.
Ora non esito neanche un istante: avvicino la mano con 3 dita alzate. Le parole sono superflue, basta il sorriso. Vorrei raccontarle di quando avevo 6 anni, e mangiavo la loro crostata di visciole passeggiando al Protico d'Ottavia, destinandone le briciole alla miriade di gatti che mi giravano attorno... ma oggi non c'è tempo per i romantici: "Domenica è sempre Domenica".
Mi ritrovo a camminare nel piazzale, ad occhi chiusi, assaporando e cercando quei sapori che hanno distinto la mia infanzia. Adesso che le papille gustative hanno solleticato i neuroni dei ricordi, ne ho la conferma: qui, in questo minuscolo angolo di Roma, nulla è cambiato.
Una valanga di canditi mischiati a frutta secca e amalgamati in un impasto che non ha bisogno di lievitazione.
Non sarà facile tentarne una riproduzione, ma è il minimo che potessi fare è provare.
Vi offro subito il mio primo tentativo: si avvicina molto come sapore, meno come aspetto, ma mi sento di dire che la strada è quella giusta:
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(Fare click sulla foto per ingrandirla) |
500 gr farina 00
125 gr zucchero
125 olio evo caldo
100 gr pinoli
100 gr mandorle tostate
140 gr canditi (preferibilemnte cedro e arancia)
100 gr uvetta
Mezzo bicchiere di latte
Impastate il tutto e stendetelo con le mani ad uno spessore di circa 2 cm su una teglia di ferro appena unta di olio e spolverata con farina di semola rimacinata. Infornate a 180° fino a cottura (40-45’ circa).
Quando la rifarò, perché LA rifarò, aggiungerò un uovo all'impasto insieme a delle zeste di limone e prima di infornare, darò una spennellata con albume appena sbattuto e mescolato a del latte.
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(Fare click sulla foto per ingrandirla) |
...ah, se passate da Roma, andate subito da Boccione: non so quanto durerà ancora. Spero per sempre!
Grazie e alla Prossima
Lo Ziopiero